LE SETTE ULTIME PAROLE DI CRISTO
supplizio – dolore - sintesi
“Povera è la mente che usa sempre le invenzioni degli altri e nulla escogita da sé”: citazione che l’artista Hieronymus Bosch colloca in alto a un suo disegno. Menzione che mi ha emozionato dal primo momento.
Frequentavo l’Accademia di Belle Arti di Napoli è da allora che ho affrontato l’alea: seguire il corso del fiume o deviarlo come mi diceva il mio istinto.
Esiste una naturale forza, in ognuno di noi, sin dalla nascita, che ci porta alla ricerca nell’autentico senso delle cose. Tutte le attività dell’uomo, ogni sua manifestazione è essenzialmente in funzione di questa ricerca. Ogni uomo è nato con questa tensione religiosa di essere unito alla sua origine.
L’Arte è espressione di questa brama per la quale l’artista, forse più profondamente, penetra e rivela questo semplice senso o l’origine dell’essere. Qualunque sia la situazione nella quale l’artista si trova non può che cercare di scoprire il suo destino.
L’opera che nasce da tale ricerca è opera sacra: non per il soggetto o per il fine, ma sacra nel suo essere. L’Arte è manifestazione sensibile di un autentico atto d’amore, atto tanto veritiero da generare la vita. Il mio desiderio per questo lavoro è stato, dal primo momento, una ragione di vita, una prova di libertà.
Kandinskij scrive nel suo libro: “Punto, linea, superfice”: “L’Arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla, e indica il contenuto del futuro”. Ritengo che il compito fondamentale dell’Arte Contemporanea sia quello di scuotere e sconvolgere il fruitore: c’è bisogno di invertire, decisamente, questo processo di invecchiamento dell’Arte, di un’Arte che guarda all’aspetto figurale ormai tramontato. Il mio lavoro, le mie opere sono uno “spettacolo totale” in cui sono impiegati materiali di rottura per meglio suscitare l’attenzione.
LE SETTE ULTIME PAROLE DI CRISTO è il progetto che ho realizzato da gennaio/agosto 2021. Le opere rendono evidente una reale biografia creativa; valgono anche i supporti metallici, fatti consapevolmente arrugginire, che per natura sono già molto evocativi. Il progetto completo si avvale di sette Cattedrali, otto Bozzetti e quindici opere metalliche. Le Cattedrali racchiudono l’essenza del verticalismo gotico: agile, traforato, aereo e leggero. Ispirate dall’idea di un medesimo essere vivente che proietta nella costruzione la sua natura spirituale. Gli otto Bozzetti sono modelli, in scala, non rifiniti, abbozzati, di un’opera d’arte che dev’essere eseguita in scala più grande.
Le quindici opere metalliche (otto grandi e le restanti di media grandezza) sono il noumeno rappresentativo dell’idea che non può essere percepita nel mondo tangibile, per cui si può arrivare tramite ragionamento. John Keats, poeta britannico, in una famosa lettera cita la “capacità negativa”, in altre parole, la facoltà dell’essere umano di porsi nell’incertezza, nei misteri, nei dubbi senza essere impaziente di pervenire a fatti e a ragioni (1817).
Ogni cosa è incerta, ed è proprio questo che mi tranquillizza. Il modo più poetico per esprimere i presupposti della strategia della differenziazione. L’incertezza può diventare mia alleata. Trasformo la casualità radicale in curiosità verso il futuro, accettazione di possibilità. Attraverso il non espresso offro all’osservatore la condizione di completare l’idea fino a quando a farne pienezza della emozione estetica. Il mio lavoro ha avuto inizio immaginando l’istante in cui Cristo sta lasciando il luogo del Cranio, il mondo. Quale rappresentazione può avere quell’attimo? Come si può raffigurare il grido dell’anima, l’abisso di solitudine e l’abbandono? Nessuna immagine può direttamente rappresentare quel momento. Cristo è morto, i suoi occhi sono la mente stessa, annebbiata da un déjà-vu incredulo, rivive quei drammatici momenti della sua uccisione. Non con la rabbia ma accettazione di una profezia che l’ho ha visto protagonista. Però non come figlio di Dio ma come essere umano, che si sente, deluso, tradito dalla violenza dell’uomo su l’uomo. Ogni opera, ogni superfice è espressione della Sua visione in maniera tale che solleciterà l’impressione più profonda nell’animo anche in coloro che si mostrano distratti. Termino con le opere “Terremoto” dove l’incertezza tonale comunica un senso di abbandono, dove non ci sono parole e ne fiato per ciò che è stato fatto a Cristo e trasferisco, sulla superfice metallica, tutto ciò che l'immaginazione può rappresentare di terribile per riuscire a rendere, in un processo creativo, l'intuizione approssimativa.
Giuseppe Panariello